Home » , » L'Uomo Inquieto, ultimo libro che l'autore svedese dedica al commissario Kurt Wallander.

Ritroviamo in questo nuovo lavoro di Mankell, il commissario Kurt Wallander protagonista della serie di libri che lo scrittore ha dedicat...

Ritroviamo in questo nuovo lavoro di Mankell, il commissario Kurt Wallander protagonista della serie di libri che lo scrittore ha dedicato al romanzo giallo.

Un po’ di anni sono passati dall’ultima volta che l’abbiamo incontrato, come sempre impegnato nel suo lavoro presso la polizia di Ystad, lavoro al quale dedica praticamente tutto se stesso con grande competenza, serietà e ostinazione.

Ha compiuto ormai sessant'anni e da cinque si è trasferito dall’appartamento di Mariagatan in una casetta nel verde fuori città. Un sogno che da tempo coltivava insieme a quello di avere un cane, che si procura subito dopo l’acquisto della nuova abitazione. Un cucciolo di labrador nero che chiama Jussi e che faticherà non poco ad addestrare.

Ma le novità non finiscono qui: sua figlia Linda lavora insieme a lui, al distretto di polizia di Ystad. Ha subito dimostrato di possedere tutte le doti necessarie per diventare l’erede ideale del padre e di ciò Wallander è particolarmente orgoglioso.

Ed è anche orgoglioso nel giorno in cui Linda lo renderà nonno, dando alla luce una bella bambina. Da qualche tempo la figlia vive con Hans von Enke che lavora per una società finanziaria di hedge funds. Wallander, anche in questo caso, come probabilmente ogni padre del mondo, ha qualche riserva sul giovane - ricco e nobile -, che riesce in parte a superare solo contagiato dall’entusiasmo e dalla sicurezza di Linda. Anche i futuri consuoceri concorrono con la loro semplicità e simpatia a tranquillizzarlo: Hankan von Enke è un ex Capitano di Corvetta.



Ha avuto nella sua vita incarichi delicati ed importanti ed ha comandato cacciatorpedinieri e sottomarini. La moglie Louise ha insegnato lingue. Sarà del tutto soddisfatto quando Linda gli riferirà in che modo i coniugi Enke si sono espressi nei suoi confronti: “Tuo padre è un gran bell’acquisto per la famiglia.” Le cose, dunque, sembrano aver preso la strada giusta, anche se Wallander non è un uomo semplice, vive sempre come inseguito da una serie di interrogativi sulla sua vita, sia passata che futura, ai quali non riesce a dare risposte.

Deve combattere ormai da dieci anni contro una forma di diabete che l’ha costretto a un drastico cambiamento di vita. Ma non sono bastati il moto, i nuovi regimi alimentari ed i farmaci; ora deve assumere giornalmente insulina.

Nonostante ciò continua con l’impegno di sempre a lavorare. Il caso di cui si sta occupando è la brutale aggressione nei confronti di due anziani: un vecchio commerciante di armi e sua moglie. Ed è durante questa indagine che succede un fatto imprevisto: durante una solitaria cena in un ristorante cittadino Wallander, visibilmente ubriaco, dimentica la pistola nel locale.

Si apre un’inchiesta a suo carico durante la quale il commissario è costretto a confessare di non ricordare di avere portato con sé l’arma nè dove abbia potuto perderla. Viene ovviamente sospeso dal suo lavoro fino alla chiusura dell’inchiesta, ma nel frattempo un altro grave fatto si aggiunge alla già non facile situazione: il capitano Hankan von Enke, padre di Hans suo genero, scompare.

Da qui si snoda la vicenda che Henning Mankell conduce con grande maestria. I colpi di scena dell'intreccio si legano alla capacità dell’autore di non perdere mai di vista la vita, i sentimenti, gli affetti e i problemi dei suoi protagonisti. Non mancano anche le considerazioni e le sottolineature sulla situazione della società e sulla politica svedese.

Mankell non si limita a raccontare una storia gialla ma costruisce un vero e proprio grande romanzo. Da leggere con calma, soprattutto perché questo pare sia l’ultimo libro che l’autore intende dedicare al suo protagonista più amato.







La storia inizia con un accesso d'ira. Fino a poco prima, nel Palazzo del governo svedese dove si verificò l'episodio, regnava la tranquillità del mattino.


La causa fu un rapporto che era stato consegnato la sera precedene e che il primo ministro, seduto al suo tavolo da lavoro scuro stava ora leggendo.

Era i uno dei primi giorni di primavera del 1983, a Stoccolma una indefinibile foschia umida era sospesa sulla città e sugli alberi che non avevano ancora iniziato a germogliare. La sua competenza in fatto di tempo era dovuta a un pas­satempo che coltivava al di fuori del lavoro.

Leander era ce­libe, viveva in un appartamento non troppo grande a Kungs-holmen ed era lì che si teneva in contatto con una rete mon­diale di entusiasti amici radioamatori.


Da tempo aveva impa­rato a memoria i diversi codici nel tipico gergo degli acroni-mi usati dai radioamatori.

Non solo che Qrt significava "Tra­smissione interrotta" o che Aurora si riferiva a interferenze nella trasmissione e ricezione dovute ad aurore boreali ad al­ta frequenza.


Quasi ogni sera, si sedeva con le cuffie sulle orecchie e trasmetteva i suoi Qrz: «Vi chiama...», a cui face­va seguito il suo nome.

Una leggenda raccontava che una volta, molto tempo addietro, il primo ministro dell'epoca, per qualche motivo, voleva informarsi sul tempo nei mesi di ottobre e novembre alla Pitcairn Island, la lontana isola dell'Oceano Pacifico dove i marinai del Bounty che si erano ammutinati contro il capitano Bligh avevano bruciato la na­ve sequestrata e dove erano rimasti per sempre.


Il giorno se­guente, Leander aveva fornito al primo ministro le previsioni meteorologiche richieste, senza fare domande. Era, come si è già detto, un uomo molto discreto.


Quando passava camminando lentamente nei corridoi, le malelingue bisbigliavano che nessuno al ministero degli Esteri poteva misurarsi con lui quando si trattava di contatti internazionali.


Ma neppure Àke Leander avrebbe potuto prevedere l'ac­cesso d'ira che stava per infrangere l'atmosfera tranquilla di quel mattino.

Il primo ministro finì di leggere l'ultima pagina, si alzò e andò alla finestra. Fuori i gabbiani volteggiavano nell'aria.

Allora erano venute alla luce delle prove. Ma che fine ave­vano fatto?
Nessuno sa quello che il ministro della Difesa dell'epoca disse in difesa propria e della commissione d'inchiesta.


Non scrisse alcun rapporto e Olof Palme, che fu assassinato alcu­ni anni più tardi, non lasciò alcun commento scritto al ri­guardo.

Neanche Àke Leander fece commenti, né a voce né per iscritto, sull'accesso d'ira nell'ufficio del primo ministro. La­sciò il suo posto di lavoro nella primavera del 1989 e si ritirò nel suo appartamento per comunicare con i suoi amici via radio.

Fu ringraziato calorosamente dal primo ministro di al­lora e, quando morì in silenzio nell'autunno del 1998, nessu­no ebbe mai la sensazione che si aggirasse come un fantasma del Palazzo del governo


L'episodio si svolse con tale le che nessuna delle persone che in quel momento io nelle vicinanze ci fece caso. L'uomo arrestato si i Wennerstròm, era un colonnello dell'aeronautica

Una spia al soldo dell'Unione Sovietica. lento del suo arresto, Tage Erlander, il primo mi­se dell'epoca, stava rientrando da una delle rare i ferie all'estero, trascorsa in uno dei villaggi Reso ale.

Quando era sceso, subito circondato dai i solo era del tutto impreparato ma anche qua-ite all'oscuro del caso. Non sapeva nulla del-a proposito del colonnello Wennerstròm.


I sospetti erano turbinati nella sua mente come vecchia polvere quando il ministro della Difesa conferiva personalmente con lui, di tanto in tanto.

Ma nulla di serio, niente che meritasse particolare attenzione. Vi erano sempre sospetti di spie sovietiche che si muovevano fra le acque tor­bide della guerra fredda. La risposta di Erlander fu quindi quella che fu.

L'uomo che era stato ininterrottamente per di­ciassette anni il primo ministro svedese ci rimediò una peno­sa figura da idiota, senza sapere cosa rispondere, in quanto né il ministro della Difesa Andersson né alcun'altra persona coinvolta nel caso l'avevano informato di quanto stava suc­cedendo.


Durante il volo di un'ora da Copenaghen a Stoc­colma, avrebbe avuto il tempo di essere sufficientemente ag­giornato su quella faccenda scabrosa e di prepararsi prima di incontrare l'orda di giornalisti eccitati.

Ma nessuno gli era andato incontro a Kastrup, l'aeroporto della capitale danese, per accompagnarlo in Svezia.


Anche se non fu mai di dominio pubblico, durante i giorni che seguirono, Erlander fu molto vicino a dare le dimisioni da primo ministro e da capo del partito socialdemocrata.


Mai prima di allora era stato così deluso dai suoi colleghi di governo. Naturalmente, anche Olof Palme, che già allora era il favorito a succedergli, condivideva lealmente la negligenza all'origine dell'umiliazione.




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